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I’mpossible: il mio viaggio con Plutone

A scuola sono stato bocciato due volte. Una per merito mio, l’altra anche.

Eppure era cominciata bene, avevo buoni voti ma poi l’adolescenza è arrivata impetuosamente a sconvolgere tutto insieme ad un insegnante di quelli che non vorresti mai trovare nel tuo percorso, di quelli che trasformano le tue poche sicurezze in ulteriori incertezze.

 

Eppure da piccolo, alle elementari, trascorrevo ore tra le pagine dell’unico libro di un’enciclopedia arrivato chissà come a casa mia: Lo spazio. Ore a guardare le immagini del sistema solare, all’epoca Plutone era solidissimo come nono pianeta del sistema solare, fiero di essere li in piccionaia.

Ecco, improvvisamente a 15 anni mi sono sentito declassato come lui, da pianeta a pianeta nano, quasi rimasto senza un significato nel sistema solare.

 

Poi è arrivata lei, quell’insegnante che ti racconta le cose con la luce negli occhi, ti fa innamorare di cose che semplicemente ti sembravano poco attraenti. Sembra incredibile ma in una scuola tecnica è arrivata l’insegnante di lettere a mostrarti l’altro lato del mondo ed è lei a mettere in piedi i corsi di recupero con un’insegnante esterna per non lasciarci indietro a causa di qualcuno.

Ho finalmente rivisto la luce e ho cominciato a correre macinando buoni voti e risultati, purtroppo non ho fatto in tempo a convincermi di essere in grado di affrontare ingegneria subito, ho deciso allora cominciare a lavorare, poi arriva il servizio civile, nuovi incontri che hanno maturato altre parti del mio modo di essere.  Comincio ad insegnare a scuola, laboratorio di meccanica e matematica, ed è cosi che mi ritrovo ad affiancare proprio lui…si quello li, quello di Plutone nano. Per uno strano gioco del destino mi ritrovo su richiesta dei ragazzi a ripassare con loro le sue incomprensibili lezioni nelle ore di laboratorio. Ho rivisto me tra loro, ho cominciato a parlare loro come avrei voluto parlassero a me alla loro età, come mi parlava l’insegnante di lettere, con il cuore perché ami quello che fai.

Insomma arriva il giorno nel quale mi ritrovo iscritto all'università senza saperlo, ho 28 anni,

è il 2002 e da sempre adoro i palindromi.

Lavoro a scuola (al serale) e studio, cambio veste due volte al giorno: studente prima insegnante poi o viceversa e arrivo alla laurea senza troppi intoppi...vabbè sacrificando quasi 50 fine settimana all’anno per rimanere al passo.

A Udine tra lezioni di ingegneria all'università e chiacchierate e studio nelle aule universitarie comincio a parlare di scienza con un amico, le nuove ricerche sull’origine dell’universo, buchi neri e materia oscura. Ci chiediamo come arricchire il nostro percorso di studi con quegli argomenti.

“Aspetta un attimo” dico, “Ma io avevo visto un esame che appena ho letto mi è scesa la bava alla bocca: Astrofisica delle particelle”. Ma per includerlo nel piano di studi cosa serve?

Dovevamo dare Interazioni Fondamentali, e per frequentare questo?

Bisogna aver passato l'esame di Fisica Moderna, quindi relatività.

Il pacchetto di 3, il numero perfetto e il massimo permesso. Mettiamo tutto nel piano di studi nonostante alcuni scetticismi del dipartimento abituato forse a troppe scelte da 30 “meno complicati” (per la cronaca io e il mio amico ci siamo goduti i nostri tre 30 complicati); nel maggio 2007 con il corso di Interazioni Fondamentali partecipo al viaggio al CERN ed accade l’inevitabile: mi innamoro. “Questo è il posto più figo del mondo e qui voglio venire a lavorare.”

Torno in Italia, mi laureo e dopo una settimana vinco la borsa di dottorato: si va al CERN.

 

Ci arrivo nel marzo 2008, e subito mi sento perso in un vortice di mille informazioni, cose da imparare per diventare operativo. Mi ritrovo in poco tempo tra le mani la gestione del sistema di controllo dell’iniezione di uno dei due fasci di LHC che entrano attraverso l’esperimento ALICE. "Cacchio sto sistema è instabile" penso, "si blocca il più delle volte e in sala di controllo di LHC si aspettano che noi autorizziamo l’iniezione". Sapevo pure chi è quello che aspettava, si chiama Mirko e l’ho visto in vari video del CERN, un grande, mi intimorisce quasi, come tutti del resto in un luogo cosi appena arrivi. Senza uno dei due fasci non ci sono collisioni e il grande giorno si sta avvicinando, accidenti. Lavori come un mulo e ti sembra tutto cosi precario, un collega più esperto ti viene in soccorso (non finirò mai di ringraziarlo) e la cosa un po’ alla volta diventa meno ballerina, giorni a testare, ripetere le sequenze fino allo sfinimento. Il 30 marzo del 2010 Mirko è nella sala di controllo di LHC e tu quella di ALICE, tu sai di lui ma non viceversa.

Ed ecco che tra fotografi e televisioni tutto funziona, tu festeggi con i colleghi e Mirko dall'altra parte apre lo champagne per celebrare le collisioni attese per 20 anni e che solo due anni dopo permetteranno la scoperta del bosone di Higgs e il premio Nobel assegnato ai due fisici che l’hanno teorizzato e atteso per quasi 50 anni.

Bè 9 anni dopo quell’avventura in due sale di controllo separate eccoci qui in attesa di salire sul palco per raccontare agli studenti le avventure di LHC e gli esperimenti al CERN. 
Come la missione New Horizons della NASA che 9 anni dopo la partenza da Cape Canaveral fotografa Plutone, un pianeta nano con un bellissimo cuore bianco che ti lascia a bocca aperta e conquista tutti. Era solo questione di avere fiducia in lui in fin dei conti, non vi sembra?

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